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La COOPERAZIONE RISPONDE AI BISOGNI - Cooperativa di Bessimo

La COOPERAZIONE RISPONDE AI BISOGNI - Cooperativa di Bessimo
Il “nostro lavoro” non è solo un “posto di lavoro” ma è qualcosa di più, qualcosa che ha a che fare forse con la passione, forse con la missione o forse con una certa dose di pazzia.

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Il Presidente Giovanni Zoccatelli scrive a tutti i collaboratori

Carissimi,

a distanza di 20 giorni dalla insorgenza di questa epidemia non è possibile fare previsioni certe sui diversi aspetti che caratterizzeranno l’evoluzione della situazione e sulle conseguenti ordinanze che quasi quotidianamente vengono prese dalle diverse autorità pubbliche.

Le prossime settimane si presentano ancora più complicate per tutti noi e per le persone e le famiglie di cui ci occupiamo. Abbiamo capito, forse un po’ tardi ma adesso lo abbiamo capito, che per limitare i contagi dobbiamo, ognuno di noi, considerarci come se fossimo potenziali veicoli di contagio per gli altri. Per evitare di poter veicolare il contagio dobbiamo ridurre al minimo indispensabile i rapporti sociali frontali. Dobbiamo mantenere e promuovere i rapporti sociali attraverso strumenti a distanza evitando, se non indispensabile, di vederci dal vivo, evitando di girare ed evitando tutte quelle bellissime attività sociali che danno il senso di comunità e di appartenenza.

Per una realtà come la nostra che è definita “Cooperativa Sociale” e gestisce servizi di prossimità e di convivenza residenziale è difficile e per certi versi paradossale dover rinunciare alla socialità, rinunciare alle riunioni, non potersi vedere tra colleghi, non far uscire gli utenti, non poter girare tra le comunità o i servizi per ascoltare i problemi e confrontarsi sulle cose, ma in un momento così drammatico essere socialmente responsabili significa fare tutto il possibile perché i contagi rallentino cercando strumenti diversi dai consueti per mantenersi in relazione tra di noi. Anche per questo motivo ho pensato di scrivere queste righe, per cercare di compensare la carenza di comunicazione dal vivo e di vicinanza tra di noi.

Purtroppo, come vedete il periodo difficile si allunga nella nostra Regione e nell’Italia intera e di conseguenza aumentano i disagi per tutti noi e aumenta il senso di impotenza, di smarrimento e di continua paura rispetto al quotidiano rischio di contagio per se stessi, per i propri famigliari e per gli utenti che quotidianamente cerchiamo di proteggere e riabilitare.

Alle nostre comunità terapeutiche e ai nostri servizi territoriali, così come a tutte le realtà che si occupano di salute, viene chiesto di continuare a garantire, anche in questo momento di totale emergenza, il mantenimento dei livelli essenziali di assistenza e quindi la continuità dei nostri servizi sociosanitari a favore dei cittadini con problemi di dipendenza. Ma la parte più faticosa ricade sui colleghi a contatto con gli utenti.
In questa situazione emergenziale a tutti gli operatori sanitari e socio-sanitari (medici, infermieri, educatori, psicologi, ecc.) e quindi anche ai nostri colleghi che lavorano a contatto con l’utenza, viene chiesto di lavorare con un livello di rischio più alto rispetto ai lavoratori di altri comparti.

Siamo tutti consapevoli di trovarci nostro malgrado in una situazione inedita, mai provata prima; siamo tutti consapevoli che in una situazione così è illusorio pensare che vi siano soluzioni a rischio zero. Sarebbe bello per tutti poter dire che chiudiamo tutto e ce ne stiamo ognuno a casa propria, ma così non è. La realtà è che la stragrande maggioranza di noi lavora in servizi sociosanitari che non possono essere chiusi se non dalle stesse autorità pubbliche che ci hanno affidato tale compito. Ma non possiamo chiudere anche perché abbiamo la missione di occuparci degli ultimi, di occuparci di quelli che alla direttiva di stare a casa per limitare i contagi rispondono che una casa loro non ce l’hanno.

Nel continuare a garantire la continuità di accoglienza e di cura siamo chiamati anche a fare tutto il possibile per tutelare la salute degli utenti, tutelare la salute dei nostri lavoratori ma anche della collettività, evitando e stigmatizzando atteggiamenti e comportamenti di sottovalutazione o allarmismi che possano innescare comportamenti irrazionali. Al contrario dobbiamo promuovere comportamenti in linea con le indicazioni e i decreti emanati per rallentare i contagi. E sappiamo tutti intuitivamente che non è facile continuare ad accogliere chi ha bisogno delle nostre cure tutelando contemporaneamente la salute degli utenti, dei lavoratori e della collettività. Qualsiasi cosa decidessimo di fare dovremo accettare di prenderci dei rischi.

Ma non finisce qua, perché oltre a tutto ciò dobbiamo anche curare la macchina organizzativa, amministrativa e di impresa che ci permette di poter lavorare, di assumere, di pagare e di riscuotere e che ci deve garantire continuità di impresa sociale sia adesso che quando l’epidemia sarà terminata.

Tutto queste cose che ho rappresentato e che spesso sono tra loro in conflitto, sembrano totalmente impossibili da realizzare simultaneamente, soprattutto in queste settimane di delirio e di panico collettivo in cui sembra prevalere solo la paura, l’impotenza o la voglia di scappare e isolarsi. Ma noi tutte queste cose le stiamo facendo, le stiamo facendo quotidianamente.

Per tutti questi motivi voglio esprimere un grandissimo ringraziamento ad ognuno di noi. Non è un ringraziamento generico ma un ringraziamento davvero sentito perché quello che stiamo facendo è la dimostrazione che il “nostro lavoro” non è solo un “posto di lavoro” ma è qualcosa di più, qualcosa che ha a che fare forse con la passione, forse con la missione o forse con una certa dose di pazzia.

Un ringraziamento particolare lo voglio rivolgere a chi è a stretto contatto con gli utenti, che pur avendo paura continua a fare e ad impegnarsi. Vorrei inoltre cogliere l’occasione per dire che mai come in questo periodo ho sentito un forte senso di solidarietà: infatti molti colleghi che non lavorano a diretto contatto con gli utenti e che sono stati messi in ferie o recupero, si sono dichiarati disponibili a dare una mano qualora qualche equipe si trovasse in difficoltà per troppi colleghi ammalati.

Chiudo questa lettera con un invito a tutti noi a non cedere allo scoraggiamento nè alla paura e a mettere in campo tutti gli strumenti, le idee, le competenze, le intelligenze per affrontare questa tempesta. A tutti noi il compito di mantenere la calma, di comunicare serenità, di agire gesti di solidarietà, di accoglienza e vicinanza, soprattutto ai più fragili e deboli.


In attesa di re-incontrarci dal vivo.

Un caloroso abbraccio a tutti.

Il Presidente
Giovanni Zoccatelli

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